LO SPORT FA BENE ... DA MORIRE
di Guidalberto Guidi
Da quando Filippide corse fino a Maratona e stramazzò esanime al suolo, in tanti secoli non è cambiato nulla. Ancora oggi purtroppo assistiamo a tragedie che colpiscono sportivi anche ben allenati e preparati che muoiono improvvisamente durante lo sforzo fisico o subito dopo. In particolare ci ha colpito la scomparsa di Piermario Morosini, di Vigor Bovolenta, e la tragedia sfiorata di Fabrice Muamba, per citare casi di cronaca, atleti famosi e ben allenati. Attività fisica regolare e di media intensità è sicuramente fonte di benessere e salute, ma al contrario può diventare pericolosa se praticata senza adeguata preparazione, in modo estremo, e senza gli adeguati controlli medici. Su questo punto, visti anche molti articoli e servizi comparsi sui media ritengo necessarie alcune precisazioni. Dobbiamo ricordare che tutti gli sport di fatica rappresentano un potenziale rischio per la salute, per questo a livello normativo nazionale sono necessari accurati controlli clinici e strumentali da eseguire nei centri di Medicina dello Sport. In particolare l’esecuzione dell’elettrocardiogramma sotto sforzo e l’ecografia cardiaca restano esami strumentali essenziali per determinare lo stato di salute del cuore.
Secondo una ricerca danese condotta su individui sani, allenarsi come pazzi e restare perennemente sul divano comporterebbero quasi lo stesso rischio di morte prematura, correre troppo può fare male quanto la vita sedentaria . Correre tanto non è sinonimo di buona salute, anzi, rischia di uccidere quanto la sedentarietà. A rivelarlo è uno studio del Frederiksberg Hospital di Copenhagen pubblicato sul Journal of American College of Cardiology. Secondo i ricercatori danesi, chi non svolge attività fisica a livello agonistico deve allenarsi in maniera moderata non più di tre volte alla settimana per un massimo di 2,4 ore complessive, cercando di non superare gli 8 km/h. I ricercatori hanno selezionato 5048 partecipanti sani e con un'età compresa tra i 20 e gli 86 anni, monitorandoli per dodici anni. In base allo stile di vita, il campione è stato suddiviso in due gruppi: 1.098 persone dedite al jogging e 413 con abitudini sedentarie. Dopo dodici anni gli studiosi danesi hanno registrato la morte di 28 corridori e di 128 sedentari. Analizzando i dati riguardanti la frequenza cardiaca, le ore di allenamento e la velocità di corsa di ognuno dei partecipanti, gli autori dello studio hanno individuato due profili di corridori: i "light joggers" e gli "strenuous joggers". I primi (i corridori "leggeri") non superano le due ore e mezza di esercizio alla settimana e mantengono una velocità entro gli 8 km/h, mentre i corridori "forti" si allenano per più di quattro ore settimanali e corrono a velocità superiori agli 11 km/h. Il dato più allarmante della ricerca riguarda il tasso di mortalità dei corridori "forti". Dopo dodici anni, infatti, i fautori del jogging intenso condividono con i sedentari gli stessi rischi di morte per eventi cardiovascolari. Inoltre la pratica della corsa moderata è risultata associata a una mortalità più bassa e una frequenza cardiaca migliore. Come spiega il dottor Peter Schnohr, uno degli autori dello studio, "se l'obiettivo è quello di diminuire i fattori di rischio cardiovascolare fare jogging un paio di volte a settimana ad un ritmo moderato è una buona strategia. Di più può solo danneggiare'.
George Michael
La morte prematura del cantante è verosimilmente secondaria all’uso e abuso di sostanze stupefacenti.
Tra queste si distinguono per la loro tossicità le sostanze del gruppo:
STIMOLANTI PSICOMOTORI
Sono le anfetamine (simpamina, stenamina, pervitin) e i composti anfetaminici, la Cocaina l’ Eroina e i loro analoghi. La loro azione è eccitante e antidepressiva: aumentano l’attenzione, ritardano la fatica, riducono il bisogno di sonno, accrescono l’aggressività.
Però c’è il retro della medaglia: devastanti effetti sull’organismo, in special modo su cuore e cervello.
Devo sottolineare che tali effetti sono IRREVERSIBILI con l’uso prolungato di queste sostanze.
Per praticità vi mostro l’aspetto di un “Cuore Normale” confrontato con un “Cuore dopo assunzione di Stupefacenti”: la differenza è macroscopica e palese, il cuore subisce una trasformazione delle sue fibre contrattili che si atrofizzano e induriscono, risultando meno efficaci e meno elastiche.
Le coronarie si ostruiscono rendendo il muscolo cardiaco asfittico e ancora meno efficiente a pompare tutto il sangue necessario, fino all’Infarto.
La morte per Overdose o abuso solitamente avviene infarto acuto, arresto cardiaco o respiratorio, aritmie ventricolari mortali, edema polmonare acuto, e questa è probabilmente ciò che è successo alla Pop Star.
A livello Cerebrale le immagini parlano da sole, la corteccia si assottiglia, le sostanza bianca delle connessioni nervose si dirada , il cervello si Atrofizza in maniera irreversibile dando il via al processo della demenza precoce.
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E’ di questi giorni la notizia della piccola di 6 anni nata con una grave cardiopatia congenita e salvata da morte certa dal trapianto cardiaco eseguito a Torino, con il quale si è andati a sostituire un cuore artificiale precedentemente impiantato. Indubbiamente si è trattato di un evento che trova la sua “eccezionalità” nell’età della piccola paziente e nella rarità e complessità dell’ anomalia. La bambina presentava infatti un difetto di sviluppo in epoca embrionale quando da un unico condotto vascolare si differenziano le 4 camere cardiache, 2 atri e 2 ventricoli, ognuna specializzata nel fornire sangue al distretto polmonare o nell’aorta e organi interni. In questo raro caso si era sviluppato un unico ventricolo, mentre l’altro era rimasto solo abbozzato, inefficace, incompatibile con la vita. Il percorso complesso è iniziato poco dopo la nascita con un immediato intervento “palliativo”, per fare in modo che l’unico ventricolo potesse distribuire il sangue sia nell’aorta, e quindi a tutti gli organi, sia ai polmoni per la necessaria ossigenazione. Questa fase ha consentito almeno di sopravvivere, di respirare e di crescere, condizione essenziale per poter intervenire successivamente in modo più radicale e definitivo. In questo modo, con una strategia mai tentata prima al mondo, si è potuto arrivare ai 6 anni di età con varie vicissitudini, episodi ripetuti di scompenso e insufficienza cardiaca, che hanno poi reso necessario l’impianto transitorio di un “cuore artificiale” con pompa esterna. Quando finalmente si è reso disponibile un cuore compatibile per dimensioni e genetica si è provveduto all’ultimo atto, il trapianto vero e proprio, che potrà finalmente consentire alla piccola una vita e una crescita normali. Il cosiddetto approccio sequenziale alla sostituzione dell'assistenza cardiocircolatoria con il cuore artificiale rappresenta una novità interessante che è stata già presentata al panorama scientifico internazionale. Dal 2002 al 2015 sono stati effettuati in Italia 2.089 trapianti di organo in età pediatrica, di cui 312 di cuore. Nel 2015 sono purtroppo deceduti prima del trapianto 76 dei 1.059 pazienti, adulti e bambini, che erano in lista di attesa per un trapianto di cuore. Nel 2015 i donatori in Italia sono stati 1388, pari a poco meno di 23 per milione di abitanti, un numero ancora insufficiente. Speriamo che sempre più persone prestino il consenso esplicito alla donazione degli organi (e dei tessuti), attraverso i canali predisposti: Uffici Anagrafe dei Comuni, ASL, Medici di Medicina Generale.
Nei giorni scorsi si sono moltiplicati gli articoli sui Media riguardo alla diagnosi precoce dell’Infarto del Cuore (Miocardico). Molta attenzione è stata rivolta al dosaggio di un Marker importante, si tratta della TROPONINA 1, una proteina che viene rilasciata nel sangue circolante, quindi dosabile con un semplice prelievo, in caso di sofferenza o danno cellulare del cuore come nell’Infarto.
Chiarirei subito l’equivoco: non si tratta di un esame “contro l’infarto” come citato da La Stampa del 6 luglio 2016, cioè non è un esame di screening o di prevenzione per allertare chi è a rischio di infarto, nulla di tutto ciò. E’un esame invece utile per dirimere dubbi in caso di sospetto infarto in atto. Infatti nelle fasi iniziali dell’Infarto l’elettrocardiogramma, esame fondamentale per la diagnosi, può risultare negativo e quindi sviare la diagnosi corretta. In questo caso la presenza di TROPONINA 1 nel sangue può dirimere il dubbio e consentire l’intervento precoce e tempestivo del cardiologo per limitare al massimo i danni dell’Infarto.